Dai blog a TikTok: gli occhiali buoni per l’innovazione

L’altro giorno ironizzavo su Facebook sul fatto che mia figlia adolescente avesse risposto “no comment” alla richiesta di feedback sul mio primo TikTok. Ho un account da circa un anno (ne avevo uno su Musical.ly, preistoria), apro la app ogni tanto e da qualche settimana ci metto il naso più di frequente.

Da sempre, faccio un uso piuttosto misurato dei social media: ho la maggior parte dei contatti personali e molti professionali su Facebook, su Instagram mixo momenti veneziani e lavoro, nell’ultimo anno ho praticamente abbandonato Twitter e investendo tempo e risorse soprattutto su LinkedIn.

Specializzarsi è l’unico modo per mantenere alta la qualità di ciò che offriamo.

I social media sono una parte importante del mio lavoro, li conosco quanto mi basta per capire quando e come inserirli nei piani che definisco per/con i miei clienti. Ho una rete di colleghi e agenzie – iperspecialisti e creatori di contenuti per le varie piattaforme – che coinvolgo di volta in volta a seconda delle necessità del progetto. Non si può sapere tutto, da almeno un decennio abbondante specializzarsi è l’unico modo per mantenere alta la qualità di ciò che offriamo ai nostri clienti.

Ma torniamo a TikTok 🙂 Il fatto che questa estate TikTok sia stato sponsor dei Campionati europei di calcio EUFA EURO 2020 è un chiaro segnale della volontà di crescere e ampliare la base demografica degli utenti. Da lì nuovi formati, ampliamento delle opzioni di advertising e soluzioni per le aziende. Da una nicchia, alla massa. Niente di così nuovo, è il percorso che hanno seguito Facebook prima e Instagram poi. TikTok è un punto di contatto digitale interessante per tutte le aziende? Assolutamente no, almeno per ora. Ma comincia a diventare interessante per il mio profilo di cliente, più interessante di quanto lo fosse sei mesi fa. Dunque, ci dedico tempo e approfondisco.

Apro TikTok e scorro, un contenuto dopo l’altro: per la maggior parte cose che non mi divertono (mai stata appassionata di sederi femminili) e che trovo superficiali. La prima reazione a caldo che ho avuto io e che trovo spesso da parte di chi, superBoomer come me, questi strumenti li vede arrivare è: ma quante cavolate, dai su. Credibilità, autorevolezza? Contenuti di valore? Niente, solo cavolate. Questo è esattamente il mindset che blocca qualsiasi apertura nel comprendere questi nuovi strumenti (e tante dinamiche di innovazione, in generale).

E ho fatto un parallelo: una quindicina di anni fa i giornalisti – unici creatori ufficiali di notizie fino a quel momento – liquidavano i primi blogger con argomentazioni simili. La capacità di creare contenuti credibili o utili non poteva certo essere nelle mani di qualche appassionato con un computer e una connessione. Poi sappiamo come è andata…

Per capire a fondo certe innovazioni – e non sto parlando solo di TikTok, again – è importante avvicinarle con gli occhiali di chi cerca la parte interessante della storia più che ciò per cui non dovrebbero funzionare. Ascoltare le argomentazioni di chi ci nasce in mezzo, ci si appassiona, sospendere per un po’ il giudizio e capire. Dopo, valutare.

Accogliere le novità con la volontà profonda di capire cosa c’è dentro di buono, sta tutto qui.

Non credo che sarò mai una grande fan di TikTok ma poco alla volta istruisco l’algoritmo e trovo cose interessanti da seguire come Kara Thestrategista o l’account ufficiale della Reggia di Versailles.

A poche settimane dalla fine di quest’anno e guardando al prossimo,  l’augurio che faccio a me stessa – da questo blog nato nel 2004 – è quello di accogliere le novità con la volontà profonda di capire cosa c’è dentro di buono, sta tutto qui. Per trarne il meglio e per sviluppare qualcosa di nuovo, a nostra volta.

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in: Riflessioni

1 commento

  • gaia

    Il modo migliore per capirlo è sedersi dietro a un teenager mentre lo usa, meglio ancora se si hanno due teenager a disposizione perchè allora si riesce a capire quanto l'algoritmo di personalizzazione sia veloce e efficace.

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